Tutto il web parla del FuoriSalone, gli sfottò, le mono/mitomanie si sprecano, i modelli di sopravvivenza e quelli di efficienza si inseguono in infografiche, elenchi puntati, foto sharate su facebook e articoli di ogni tipo.
Abbiamo apprezzato alcuni interventi per documentazione e capacità di indagine, non ne abbiamo sopportati altri perché scritti in palese conflitto con il sistema che li ha prodotti e dà loro un valore. Come a dire: un conto è fare polemica, un conto è fare battute, un altro è non muovere un dito e come degli avvoltoi godere di una città che viene ogni giorno trafitta dalla noncuranza, dall'idiozia, dalla speculazione e dagli inetti.
Noi, che non sapevamo bene da dove partire per portare il nostro contributo, non abbiamo avuto problemi a trovare lo spunto polemico. A dire la verità ci abbiamo messo meno di 5 minuti: Via Tortona, Spazio Ex-Ansaldo, Home SPA Design, ovvero la prima cosa che abbiamo visto arrivando al FuoriSalone quest'anno.
Ma passiamo alla cronaca dei fatti.
Diretti in realtà al FuoriMICRO, e distratti dal frastuono e dal disordine che regnano sovrani in questa manifestazione che risulta tuttora non gestita dal comune e dalle aziende, pubbliche e private, che la usano come palcoscenico, abbiamo fatto per entrare all'OCA dalla parte sbagliata, appunto dal portone attraverso il quale si accede a tutt'altra esposizione: l'Home SPA Design. Bloccati da una specie di buttafuori molto poco di design con un "Qua si entra solo registrati!", siamo costretti a mettere tutto a fuoco e capire: abbiamo sbagliato ingresso.
Per fortuna, vien da dire: il posto è pieno di figa ma la mostra è di cessi, la cosa non ci interessa minimamente e quindi possiamo tranquillamente procedere oltre. Poi però, mettendo a fuoco, non possiamo non vedere i cartelloni (4mx2m, non dei flyer) all'esterno del portone, e TADAAAAN: due errori ortografici in sei righe di testo.
Facciamo la foto, e un altro buttafuori poco di design ci ribadisce che la registrazione è obbligatoria.
Obligatoria vorrà dire. Ma sarà che non siamo wellcome.
A completare il quadretto, quando poche ore più tardi passiamo fuori dallo stesso posto, a fare la coda per entrare all'HSD c'è il figlio di Umberto Smaila.
Ah, tra l'altro, riguardo a sta cosa di Sasha Grey al Salone, soprattutto considerando che di designer che lavorano più o meno seriamente, ma comunque molto poco pagati, qui Milano ne abbiamo già a vagonate, ci sia concessa una battuta: già in città sdoganiamo quintali di cocaina, ora pure le troie?!
Così, eh. Tanto per dire.
Testimonia: il cattivo gusto, il 'lasciar fare’, le cose sproporzionate, gli scenari bulgaro-apocalittici e anche quelle piccole cose che non riguardano la Pubblica Amministrazione ma che fanno parte della metà malata dell'indole italiana, dal disfattismo al poco senso del decoro, per esempio i balconi che diventano deposito e le fioriere dei bar morte, dove il verde scompare e rimane la tristezza. [TWITTER - @Inurbania]
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