martedì 12 marzo 2013

CEMENTOPOLI - Dentro o fuori non è indifferente.

Milano negli ultimi anni (causa/scusa l'Expo) è stata vittima di una speculazione edilizia spaventosa e insensata.
Spaventosa perché ha compromesso alcune delle ultime zone tipiche di Milano, insensata per le dimensioni ciclopiche e per le cubature di gran lunga eccedenti il fabbisogno di alloggi e terziario. 

Ciò che aggrava la situazione è la scelta urbanistica o meglio la decisione di dove ammassare questi nuovi ciclopi architettonici. Milano è una città congestionata, al limite per traffico e inquinamento, carenza di servizi e mancanza di verde. Scegliere di demolire vecchie piccole case ed erigere mega edifici che ospitano a vario titolo decine di migliaia di persone, significa ignorare (con dolo) le ripercussioni sulla città. Portare in in centro nuove masse di cittadini (a vivere e/o a lavorare) significa aumentare l'inquinamento per riscaldamento, un incremento di rifiuti, un maggiore fabbisogno localizzato di energia, una massa di fornitori in più che raggiungono questi nuovi poli nel cuore della città.

Sorvolando sul fatto che la crisi ha reso numerosissimi i cartelli vendesi e affittasi e che le compagnie straniere abbandonano l'Italia e posto che davvero ci sia realmente bisogno di costruire, la domanda è se la scelta più opportuna sia proprio nel centro della città e non invece nelle periferie, dove la chiusura delle fabbriche ha generato spazi vuoti e degrado.

Alcuni svantaggi nel costruire in centro diventano immediatamente punti di forza se ci si sposta al di fuori della cerchia urbana. Tanto per cominciare si attenua la congestione della mobilità nel centro e si sposta un po' di inquinamento al di fuori della zona a maggior rischio. Si rendono più vivi alcuni comuni dell'hinterland afflitti da tristezza bulgara, portando commercio e servizi. Inoltre se ben strutturata la pianificazione di nuovi insediamenti di terziario fuori porta rende indispensabili nuove linee di trasporto pubblico per raggiungere zone fino a quel momento totalmente ignorate, marginali e irraggiungibili.

Un esempio di questa idea di sviluppo architettonico è il nuovo polo di Assago Milanofiori. Tale polo esisteva già ma è stato quadruplicato negli ultimi anni e allacciato alla metropolitana. Potrei soffermarmi a lungo sulle discutibili scelte architettoniche e su altri enormi difetti del nuovo quartiere; tra l'altro il primo inganno è che si è sacrificato il Parco sud Milano (epoca Moratti) per edificare.

Ma il mio commento questa volta prescinde dai retroscena e dalle mafie dei palazzinari.
Il ragionamento che mi porta a valutare positivamente la scelta di delocalizzare i centri direzionali e il terziario è basato unicamente sul bilancio netto che può salvare la città o condannarla a patire scelte sempre meno sapienti.

Come sempre l'invito è vedere come vengono gestite le metropoli europee versus la situazione delle città cinesi. Inutile dire che Milano guarda a oriente, ancora una volta dalla parte sbagliata.

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